venerdì 5 ottobre 2018

In una società in cui gli uomini sono posseduti dal desiderio inesauribile di avere sempre di più (pleonexia), sapere che Domenico Lucano non abbia tratto vantaggi economici dalle violazioni della legge che gli vengono addebitate ci fa tirare un sospiro di sollievo. Più difficile, al momento, è capire se anche lui sia posseduto dalla passione del potere e del possesso (libido domimandi).
Resta da appurare come siano stati utilizzati fondi dello Stato ma ciò non soffoca il nostro sollievo.
Pur agli arresti domiciliari, Lucano è entrato a far parte, honoris causa, mi viene da dire, della numerosa, controversa, ma anche nobile famiglia dei disobbedienti della quale fanno parte, a diverso titolo e con diversa dignità, da Socrate ai terroristi, senza dimenticare le nazioni disobbedienti.
I disobbedienti sono tali ognuno a suo modo, alcuni di essi hanno affascinato diverse generazioni fino a diventare icone ormai impresse nel marmo della storia.
Disobbediente nei confronti della società fu Thoreau, con la sua “vita nei boschi” che ci parla ancora oggi, disobbediente fu Rosa Parks con quel rifiuto aperto e “inconcepibile” che le valse il carcere, disobbediente fu Franca Viola che subì uno stupro, sfidò il sentire comune del tempo senza rinnegare i propri principi, disobbediente fu Socrate che, accusato di empietà, pur potendo fuggire con l’aiuto dell’amico Critone, accetto la cicuta per riaffermare la fedeltà alla legge il cui rispetto aveva sempre insegnato.
No, per quello che ad oggi sappiamo, non posso considerare Lucano un disobbediente. 


                                                                               Adolfo Montagna 

mercoledì 13 settembre 2017

L’uomo di Callìcle ci spazzerà via

Qualche settimana sui giornali e, ovviamente, sui social, abbiamo potuto vedere l’immagine di un immigrato che completamente nudo passeggiava per le vie di una città.
A me è sembrata, tra le tante, spesso più cruente, l’immagine paradigmatica del rapporto che i migranti vanno assumendo nei confronti della nostra società.
Sembrano lontani, più lontani degli anni effettivamente trascorsi, quegli anni ottanta in cui i vu’ cumpra’ (allora si poteva dire senza essere tacciati, immantinente, d’essere razzisti) timidamente ci proponevano la loro mercanzia.
Oggi l’uomo nudo ostenta sicurezza, marca un territorio che sa essere suo e che sempre di più lo sarà col passare del tempo.
Stupra, anche, l’immigrato, non solo per soddisfare i propri istinti bestiali ma anche perché ha codici culturali diversi dai nostri (in questo caso la concezione della donna). Quell’atto abominevole, inoltre, è un atto politico, è rivolto all’occidente che lo accoglie, lo affascina con la propria opulenza e nello stesso tempo lo ghettizza tenendolo ben lontano da essa.
Nel frattempo il dibattito tra i fautori dell’accoglienza tout court e i contrari prosegue ovunque straccamente.
La sinistra, come sempre, delimita il campo considerando il discorso identitario come maschera del razzismo e della xenofobia. Insulta, e “chi insulta – sostiene Schopenhauer –mostra, con ciò, di non essere in grado di addurre, contro l’altro, nulla di veritiero e di concreto”.
Le questioni sociali, le prospettive economiche, la sicurezza di fronte al terrorismo, la corruzione, sono affrontate con superficialità perché il dibattito è finalizzato alle ricadute elettorali.
Fuori da tutto stanno le colpe dell’occidente. Subito dopo un attentato ci dicono che “siamo in guerra”, ma non ci hanno mai detto la stessa cosa in occasione delle aggressioni neocolonialiste cui abbiamo assistito e di cui siamo stati complici. In Afghanistan, in Iraq, in Libia, in Siria i civili sono morti a migliaia ma nessuno si è sentito Afghano, Iracheno, Libico o Siriano. In compenso siamo stati tutti Charlie.
Stiamo vivendo la parte finale del “tramonto dell’occidente”.
Ritorneremo all’idea di giustizia di Trasimaco, tornerà di moda il contrasto tra nomos – la legge convenzionale stabilita dagli uomini – e phisys – cioè la natura intesa come legge naturale, che detta in soldoni è la legge del più forte. L’uomo di Callìcle ci spazzerà via.
Ci invaderanno come fecero i barbari e troveranno un occidente femminilizzato e svirilizzato, come sostiene Zemmour nel suo “sii sottomesso”. Lo troveranno con i tacchi a spillo, come nella celebre pubblicità Pirelli.


Adolfo Montagna


(Pubblicato su Grandangolo del 9/9/2017)

venerdì 24 marzo 2017




VERRA' UN GIORNO...

Giovedì scorso Marco Travaglio ci ha raccontato di un “comitato procacciamento voti gratis a Grillo”, cpvgg l’acronimo, dedito a regalare a Grillo i voti che gli mancano per il raggiungimento del 40% alle prossime elezioni.
Travaglio ha elencato sei fatti, primo dei quali è il salvataggio di Minzolini.
Mi vorrei soffermare su questo e sulle dichiarazioni immediatamente successive di Luigi Di Maio prontamente criticate quasi all’unanimità in quanto evocatrici di violenza.
Qualche giorno dopo un articolo di Barbara Spinelli sul “Fatto” giustificava rafforzandola l’affermazione di Di Maio e poi, domenica scorsa Francesco Borgonovo su “La Verità, naturaliter, definisce la Spinellii peggio dei populisti”.
Le parole di Di Maio nel frattempo  hanno continuato ad essere strumentalizzate secondo la convenienza del momento perché la casta deve continuare nella propria opera ed il pensiero dissidente va soffocato sul nascere.
Di Maio ha incitato alla violenza? No, anzi, ha messo in guardia i partiti, privi come sono della benché minima concezione del bene comune, i cui fini sono sempre più vaghi e irreali, di quello che potrebbe succedere, di quello che succederà aggiungo, se continueranno ad allontanarsi dal paese reale.
Succederà anche se l’Italiano, antropologicamente bovino, non vuole essere infastidito né disturbato. “Verrà un giorno…” dice Fra Cristoforo a Don Rodrigo, verrà quel giorno anche se l’Italiano oggi non vuole pensare, gli basta la pubblica opinione e accodarsi ad essa; alla fatica improba del dover pensare preferisce il manicomio. Singole vite, singoli percorsi, finiscono per abbracciare il mainstream del momento, il politicamente corretto, quello di oggi, che in altri tempi sarebbe stato l’esatto opposto.
Vestito di volgarità, l’Italiano di oggi,  ha poche idee, quelle ripetute ossessivamente  sui social e nei talk e ciò gli basta per sentirsi libero.
A Napoli De Magistris e soci hanno ucciso Vaoltaire, gli italiani che si sentono liberi pur essendo “in catene” non hanno riflettuto abbastanza sulle loro vite né, Dio ce ne scampi, su Ruosseau; pensano di vivere, ma soltanto in punto di morte si accorgeranno di “non aver vissuto”.
L’Italia sta finendo, tornano in mente le parole pronunciate in punto di morte da Cavour: “…abbiamo fatta l’Italia, sì, l’Italia e la cosa va’…”
“E la cosa va’” è l’inizio del cupio dissolvi.


                                                                          Adolo Montagna

venerdì 2 settembre 2016

Non sanno vincere, non sanno perdere



Non sanno vincere, non sanno perdere.
Quando vincono litigano, litigano fino a rimuovere i sindaci che hanno proposto e fatto eleggere (Guarraci-Ferrara) oppure, in un’atmosfera politica cloroformizzata, creano il dissesto.
Confortati vecchio adagio che dice che quando si è toccato il fondo non resta altro che scavare, quando perdono vogliono subito rifarsi  e alzano i toni dello scontro fino al parossismo.
Sono loro, quelli del “ventennio”. Quando si mettono il “cappello del pensatore” pensano che chi difende  l’Amministrazione Carmina  ne voglia conquistare le grazie, ovvero che la Destra cerca di riciclarsi. Robetta, personaggetti direbbe il De Luca “crozziano”.
Ho visto morire il partito della sinistra empedoclina (PCI-PDS-DS-PD) più di vent’anni fa. L’ho visto morire  nel gesto pietoso e preconizzatore di un militante che appena fu chiara la vittoria di Carmelo Gibilaro entrò nel comitato elettorale del mai abbastanza rimpianto Tonino De Gregorio e strappò il filo al quale era collegata una lampadina che tristemente illuminava il nulla.
Cominciò da allora la “guarracizzazione” del partito e la gaurcacizzazione, che poi sarebbe diventata fercacizzazione e fircacizzazione,  della politica empedoclina. Cominciò il ventennio al termine del quale, parafrasando Prezzolini, si può dire: “Porto Empedocle finisce qui, ecco quel che resta”.
Per anni un sistema ipocrita ha prodotto effetti speciali che hanno fatto degli empedoclini dei Pangloss pronti a ripetere “tutto va per il meglio”.
Nel modus operandi di Firetto sembrava che delle tre “f” (feste, farina e forca), che secondo Ferdinando II di Borbone consentivano, allora, di ben governare, non ci fosse solo la terza. Un giorno, poi, mentre il sindaco prodigio fuggiva verso un’altra vittoria,  si scoprì che mancava anche la seconda “f”; era rimasta solo la prima.
Oggi quegli stessi uomini e qualche epigono di nuovo conio, con palese e peloso ritardo, hanno (ri)scoperto il valore dell’opposizione.  
Agitano il dissesto da essi creato come una clava  e compunti accarezzano i dipendenti comunali per quanto stanno subendo rendendo evidente l’ossimoro.
Le “ugole risanate” adesso parlano. Parlano ma non spiegano, hanno labbra tremolanti. Non spiegano il perché di un decennale silenzio e non lo fanno nemmeno i partiti. Spieghi il Commissario Gazziano per quale motivo la Direzione Provinciale del PD ha avallato, anch’essa col silenzio, l’inerzia del Circolo empedoclino.
Silenzio, è bene chiarirlo, che ha riguardato non solo l’aspetto finanziario ma anche le incompiute, le demagogia delle promesse mantenute, le barriere architettoniche, la demolizione di immobili vincolati, i lavori della Via Roma, lo stato di incuria in cui si trova tutta la Porto Empedocle che non è la Via Roma.
Spieghino lorsignori, spieghino. 
I responsabili del dissesto e gli sconfitti stanno conducendo due battaglie parallele: i primi per evitare i rigori della legge, i secondi per risuscitare.
Ida Carmina vuole il dissesto” è il mantra con il quale la si accusa quasi di un capriccio. Ma le orecchie disposte all’ascolto sono poche.
Se “il fato ammaestra anche uno stolto” dovrebbero ricordare come riuscirono a rimuovere Carmelo Gibilaro, con quali numeri e con quali alleati. Oggi non sarebbe referendum, ma se domani si dovesse votare nuovamente Ida Carmina vincerebbe ancor più nettamente.
Hanno commesso troppi errori e continuano a commetterne.  

Adolfo Montagna