Non sanno vincere, non sanno perdere.
Quando vincono litigano, litigano fino a
rimuovere i sindaci che hanno proposto e fatto eleggere (Guarraci-Ferrara)
oppure, in un’atmosfera politica cloroformizzata, creano il dissesto.
Confortati vecchio adagio che dice che quando si
è toccato il fondo non resta altro che scavare, quando perdono vogliono subito
rifarsi e alzano i toni dello scontro fino al parossismo.
Sono loro, quelli del “ventennio”. Quando si
mettono il “cappello del pensatore” pensano che chi difende l’Amministrazione Carmina ne voglia conquistare le grazie, ovvero che la
Destra cerca di riciclarsi. Robetta, personaggetti direbbe il De Luca “crozziano”.
Ho visto morire il partito della sinistra
empedoclina (PCI-PDS-DS-PD) più di vent’anni fa. L’ho visto morire nel gesto pietoso e preconizzatore di un
militante che appena fu chiara la vittoria di Carmelo Gibilaro entrò nel
comitato elettorale del mai abbastanza rimpianto Tonino De Gregorio e strappò
il filo al quale era collegata una lampadina che tristemente illuminava il
nulla.
Cominciò da allora la “guarracizzazione” del
partito e la gaurcacizzazione, che poi sarebbe diventata fercacizzazione e
fircacizzazione, della politica
empedoclina. Cominciò il ventennio al termine del quale, parafrasando
Prezzolini, si può dire: “Porto Empedocle finisce qui, ecco quel che resta”.
Per anni un sistema ipocrita ha prodotto effetti
speciali che hanno fatto degli empedoclini dei Pangloss pronti a ripetere “tutto
va per il meglio”.
Nel modus operandi di Firetto sembrava che delle
tre “f” (feste, farina e forca), che secondo Ferdinando II di Borbone
consentivano, allora, di ben governare, non ci fosse solo la terza. Un giorno,
poi, mentre il sindaco prodigio fuggiva verso un’altra vittoria, si scoprì che mancava anche la seconda “f”; era
rimasta solo la prima.
Oggi quegli stessi uomini e qualche epigono di
nuovo conio, con palese e peloso ritardo, hanno (ri)scoperto il valore
dell’opposizione.
Agitano il dissesto da
essi creato come una clava e compunti
accarezzano i dipendenti comunali per quanto stanno subendo rendendo evidente
l’ossimoro.
Le “ugole risanate” adesso parlano. Parlano ma
non spiegano, hanno labbra tremolanti. Non spiegano il perché di un decennale
silenzio e non lo fanno nemmeno i partiti. Spieghi il Commissario Gazziano per
quale motivo la Direzione Provinciale del PD ha avallato, anch’essa col
silenzio, l’inerzia del Circolo empedoclino.
Silenzio, è bene chiarirlo, che ha riguardato non
solo l’aspetto finanziario ma anche le incompiute, le demagogia delle promesse
mantenute, le barriere architettoniche, la demolizione di immobili vincolati, i
lavori della Via Roma, lo stato di incuria in cui si trova tutta la Porto
Empedocle che non è la Via Roma.
Spieghino lorsignori, spieghino.
I responsabili del dissesto e gli sconfitti
stanno conducendo due battaglie parallele: i primi per evitare i rigori della
legge, i secondi per risuscitare.
“Ida
Carmina vuole il dissesto” è il mantra con il quale la si accusa quasi
di un capriccio. Ma le orecchie disposte all’ascolto sono poche.
Se “il fato ammaestra anche uno stolto”
dovrebbero ricordare come riuscirono a rimuovere Carmelo Gibilaro, con quali
numeri e con quali alleati. Oggi non sarebbe referendum, ma se domani si
dovesse votare nuovamente Ida Carmina vincerebbe ancor più nettamente.
Hanno commesso troppi errori e continuano a
commetterne.
Adolfo Montagna