martedì 29 marzo 2016


Io so, e lo dico “pasolinianamente”, come andranno le prossime elezioni a Porto Empedocle: le vincerà il gruppo di potere politico-elettorale che ha (s)governato Porto Empedocle nel ventennio, il nostro ventennio, trascorso dalla rimozione del Sindaco Gibilaro.
Le vinceranno loro non perché siano particolarmente bravi ma perché l’opposizione non esiste e non può definirsi tale  quella che ha cominciato a schiamazzare non appena Firetto ha imboccato la Via Vincenzella in direzione Agrigento.
Solo fotografie del degrado, parole tremolanti per illustrarlo e qualche timido “like” su facebook, agorà inutile dove tutti sono vestiti da Superman.
Nessun nome dei colpevoli, solo quello di Firetto. Scelgono come sempre la strada più facile, rettilinei senza curve e senza incroci. Non sia mai che ad un incrocio possano  incontrare Aretè.
Nessuno che abbia fatto il nome di un consigliere comunale, ma ne servono almeno venti (!), nessun che abbia fatto il nome di un assessore, e sono parecchi quelli da fare (!), nessuno che abbia fatto il nome dei manovratori del consenso, ne basterebbe uno (!).
E tutti andrebbero additati al pubblico ludibrio (absit iniurua verbis).
Come si vuole costruire la nuova Porto Empedocle in così omertosa guisa?
Chi conosce le cose di Porto Empedocle sa anche di un demiurgo, “inventore di sindaci”,  di candidati non empedoclini che alle elezioni regionali sono venuti a prendersi più di mille voti non essendo mai stati a Porto Empedocle durante campagna elettorale (Francesco Di Mare ci ha pure scritto un articolo su “La Sicilia”).
Manca il coraggio, è sempre mancato.
Continuino pure, gli oppositori di nuovo conio, a fotografare il degrado e le incompiute, a registrare le voci di abili abbaiatori alla luna.
Abbaino essi stessi, non servirà a niente.
Nudi di coraggio, quindi, i nuovi oppositori sciamano in tutte le direzioni smozzicando parole di libertà e di buon governo senza accorgersi di farlo solo perché glielo stanno consentendo ben sapendo, però, che  quando verrà il momento a qualcuno basterà aprire un elenco telefonico, scegliere una pagina a caso, un nome a caso e il nuovo candidato sindaco sarà già vestito di vittoria.

29 marzo 2016

sabato 26 marzo 2016



PORTO EMPEDOCLE: VENTI ANNI SENZA DEMOCRAZIA
Porto Empedocle è un nodo di Gordio che attende la spada che lo taglierà.
Perché sia diventata tale è difficile dirlo a meno che non si voglia cavalcare il mainstream “Firetto” che, certo, non è esente da responsabilità ma che non è il nodo di Gordio, semmai la conseguenza.
La luce corrusca, che da Porto Empedocle aveva preso a diffondersi verso Agrigento e oltre, d’improvviso s’è spenta e non solo metaforicamente. Sono così cominciati schiamazzi forieri del niente, flatus vocis di gente che sta ancora nella caverna del filosofo e continua ad accontentarsi di ombre ingannatrici: chi ne uscirà? Chi potrà impugnare la spada per tagliare il nodo di Gordio?
Porto Empedocle è un disastro oggi in mano a interpreti dell’opposizione, folgorati sulla via del buon governo, che ne stanno facendo  un “bue squartato”. Ognuno di essi, cioè, cerca di ritagliarsi dalla carcassa del bue una bella bistecca e se la cucina a modo suo. Spera di  offrire sempre qualcosa di sostanzioso, ma le voci che si sentono vengono tutte dalla “caverna” e nessuna di esse ha il coraggio di dire “scusate il ritardo”, solo j’accuse da bocche da cui sarebbe “più degno il silenzio ch’il parlare” almeno per non sentir quell’”Io”, il più maleducato di tutti i pronomi.
Vent’anni, o quasi, senza pòlemos sono vent’anni senza democrazia e senza controlli la cui assenza ha prodotto dissesto finanziario (chiamiamola per come si deve la situazione finanziaria di Porto Empedocle) e altro, tanto altro.
Potrà impugnare la spada  colui  che riuscirà a capire il perché del vuoto sostanziale e del brutale silenzio che avvinghiano la società empedoclina trasformando la paura di scegliere e il terrore delle responsabilità, questa sorta di nichilismo, in un grido di esistenza e di rivolta che dovrà venire dagli empedoclini che sapranno guardare con sguardo veritativo ad una classe politica divenuta apolitica, poiché in essa non si trova più alcun orientamento al bene della polis.
Potrà impugnare la spada chi saprà interpretare il conformismo come dittatura e la miseria come forza vitale e morale al fianco della quale combattere; un uomo della realtà, un moralista perfino, capace di guardare alle cose “sub specie imperfectionis”.
Non è facile mentre è facile capire che a nulla valgono pelosi appelli ecumenici ispirati, dicono, dalla straordinarietà della situazione.
Ne frattempo qualcuno, ne conto venti ma solo per cominciare, dovrebbe fare un passo avanti dicendo di voler fare un passo indietro.

Adolfo Montagna 
Puccllicado si Grandangolo del 19/3/2016