martedì 30 novembre 1999

Babele

Da tempo la politica ha assunto un significato ben lontano dalla definizione aristotelica e da quelle di tutti i teorici che nel tempo si sono cimentati nel definirla.

Essa oggi è sinonimo di intrighi, guerre, tradimenti, mera lotta per il potere, egoismo e via snocciolando.

Tutto ciò si sposa con l’assenteismo che sempre cresce ad ogni consultazione elettorale e con la sfiducia che accompagna per mano coloro che mestamente e senza speranze, bovinamente quasi, si recano alle urne.

A differenza delle guerre che terminano con i trattati di pace, la politica “non finisce mai” in mano com’è a politici sempre uguali a se stessi, pronti semmai a peggiorare e ad inventarsi escamotage linguistici, partiti, magari spaccando quelli già esistenti, pur di rimanere abbarbicati al potere.

Il PDL ormai vince le elezioni ma “perde la vittoria”, dimostrandosi incapace di governare a Roma come a Palermo e dove perde le elezioni, come ad Agrigento, riesce a “vincere la sconfitta”.

Il PD “perde la vittoria” ad Agrigento e vuole “vincere la sconfitta” a Palermo imitando l’imitazione dell’egoismo leghista che il PDL ha iniziato a rappresentare facendo nel contempo un favore a Lombardo assiso, nell’attesa, sul bordo del fiume.

Nel frattempo una sorta di “liberi tutti” ha dato la stura alle più varie alleanze nelle recenti elezioni siciliane e nel linguaggio della politica si registra l’invenzione del “governo dei competenti”.

Il PD sfoglia la margherita e rischia che l’ultimo petalo sia quello di Lumia che priverebbe il partito della possibilità di proporsi come unica alternativa alla incapacità di governare di cui il PDL, sebbene sotto altre sigle e con alleanze variabili, fa sfoggio ormai da diverse legislature.

Ad Agrigento il PD sta tenendo secondo me una posizione coerente e dignitosa nonostante qualche prurito che di tanto in tanto affiora.

Zambuto è stato artefice di un ribaltone. L’attuale giunta è figlia di due demiurghi: l’On. Alfano che ha preso per mano Zambuto e lo ha reintrodotto in quel teatrino della politica, tanto aborrito da Berlusconi, dal quale il sindaco era appena uscito e l’Avv. Arnone, la cui solitudine politica lo ha portato a perorare un patente tradimento della volontà elettorale del popolo agrigentino.

In questo caso non è stato necessario inventare un escamotage giustificativo del tradimento; è bastato far ricorso all’emergenza.

Allora la domanda sorge spontanea, direbbe qualcuno: ma Zambuto non si è per caso candidato senza avere contezza della situazione Agrigentina? E se lo sapeva perché si è riparato dietro l’escamotage, ecco che ritorna, “al di sopra dei partiti”? E Arnone? Anche lui non sapeva? E’ possibile mai che per governare Agrigento ci voglia solo il centro- destra e questo centro-destra?

Ad Agrigento nel passato si è spesso parlato di “laboratorio politico”, ma il laboratorio politico oggi dovrebbe nascere al di fuori del Consiglio Comunale attraverso gli “stati generali” di tutti coloro i quali, partiti, sindacati, intellettuali, vogliono restituire le speranze scippate agli agrigentini dalla giunta Zambuto e dai suoi demiurghi.
Adolfo Montagna

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