martedì 30 novembre 1999

Considerazioni a margine del convegno "Per non dimenticare"

 IL convegno organizzato da par suo da Lea Gebbia per ricordare, in occasione del venticinquesimo anniversario della tristemente famosa “strage di Porto Empedocle”, l’amatissimo fratello Filippo e i morti innocenti che nel tempo sono caduti sotto il fuoco pazzo dei killer è stato un puro atto di amore carico nel contempo di una enorme valenza sociale e politica. Ci sono stati dei momenti di grande commozione soprattutto quando Lea ha recitato “Per non dimenticare”, si è accarezzato il dolore e le ferite del paese sono apparse ancora sanguinanti. Sanguinanti perché nessuno ha voluto curarle sperando che bastasse rimuoverle dal ricordo collettivo.
Venticinque anni durante i quali Porto Empedocle ha vissuto in apnea ed è stata attuata una operazione di “restyling” fino a giungere al “nuovo percorso” di cui ha parlato Firetto nell’intervista a margine del convegno.
Si è voluto, in buona sostanza, offrire cibo a un corpo malato senza prima averne debellato la malattia.
L’iniziativa di Lea Gebbia ha assunto un valore quasi eversivo, positivamente eversivo, e ha rappresentato un potente atto di accusa nei confronti di tutte le amministrazioni e di quei politici che hanno ritenuto che l’azione antimafia potesse essere limitata alla partecipazione personale a qualche fiaccolata o alla presentazione di un libro.
Per dimostrare quanto Lea abbia fatto le cose per bene basta snocciolare l’elenco dei partecipanti: Tonio Dall’Olio (rappresentante di Libera Intarnational), il P.M. Salvatore Vella (della procura di Marsala), Beppe Lumia (Vice presidente commissione regionale antimafia), Ignazio Cutrò (imprenditore che ha avuto il coraggio di ribellarsi alla prepotenza mafiosa), Nico Miraglia (presidente della Fondazione Accursio Miraglia).
A volere elencare i politici rappresentanti delle istituzione, invece, si devono fare soltanto due nomi: quelli degli assessori Scimè e Smecca. Tutti gli altri VERGOGNOSAMENTE ASSENTI e a questo punto mi chiedo se, per paradosso, le assenze non abbiano avuto più valore della qualificate presenze. In un contesto come quello empedoclino, dove la parola mafia sembra essere diventata impronunciabile come lo era negli anno ’60, le affermazioni del Procuratore Vella, che ha ricordato a tutti che Porto Empedocle è un paese AD ALTA DENSITA’ MAFIOSA, a qualcuno devono aver fatto l’effetto di un pugno nello stomaco perché la domanda consequenziale è: per chi ha votato la mafia alle ultime elezioni? Ormai sappiamo come la mafia sceglie chi votare e sappiamo pure che i voti, anche quando non sono richiesti, quando cioè non sono frutto di accordi, possono rappresentare un pericolo per la vita politica di un paese. E allora Lillo Firetto, che certamente non ha chiesto voti alla mafia avrebbe (ha?) il dovere di aprire un dibattito, di inaugurare una STAGIONE ANTIMAFIOSA perché Porto Empedocle è un paese AD ALTA DENSITA’ MAFIOSA e l’imminente inizio dei lavori per la costruzione del rigassificatore dovrebbe creare qualche ansia.
Interessanti anche le parole di Tonio Dall’Olio (ma tutti i discorsi sono stati interessanti) che ha parlato di “MAFIOSITA’”, cioè di quell’atteggiamento che ci porta a voltare lo sguardo da un’altra parte  di fronte alle illegalità. E allora chiedo a Firetto e a tutti i consiglieri comunali che hanno funzione di controllo: perché si è tollerata così a lungo e per certi versi si continua a tollerare la situazione della Via Lincoln?
Porto Empedocle è diventato un paese “VANITOSO”; offre agli empedoclini e soprattutto ai non empedoclini un’immagine edulcorata rispetto alla realtà sostanziale dei problemi non ultimo, anzi primo fra tutti, la formazione del consenso. Ricordo che in qualche consiglio comunale del passato alcuni consiglieri parlavano spesso con tono di spregio di CONSENSO BULGARO, ma oggi che il “CONSENSO EMPEDOCLINO” è diventato PIU’ BULGARO DEL CONSENSO BULGARO come si può pensare che la vita politica ne abbia giovamento? 
Adolfo Montagna

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